Capitolo Uno
Congelo gli insetti entro mezz’ora dal delitto perché forse un giorno sarà possibile riportarli in vita. Tutti mi ripetono che è inutile, Dio punisce l’atto e non lo stato delle cose, ma io penso che in fondo se Dio esiste è stato congelato anche lui.
L’aspetto più ridicolo è che il giorno in cui inventeranno la risurrezione farò rivivere ventisette cavallette, una cinquantina di scarafaggi, falene, insetti non identificati e persino un piccolo topo, ma non potrò riportare in vita mia sorella Mimì perché, al di fuori di ogni logica, non mi permisero di congelarla. Proposi di seppellirla insieme a dei cubetti di ghiaccio, nel caso avessero inventato la risurrezione da lì a qualche ora, ma mi negarono anche quello. È come se per i miei la sicurezza di mantenere le apparenze fosse superiore alla pur flebile possibilità di riavere la loro bambina. Francamente la trovo una scelta assurda.
A dirla tutta trovo assurdo tutto il mio futuro già da adesso, mentre aspetto il professore seduto al banco, nel mio primo giorno delle superiori.
Già mi vedo, poco prima del diploma, quando i tipi dell’orientamento universitario mi prenderanno in disparte per spiegarmi che lasciare aperte tutte le possibilità, senza chiuderne o sceglierne mai alcuna, finirà per paralizzarmi. Io dirò che scegliere una strada mi chiuderà per sempre le altre e che potrei andare sì avanti, ma nella direzione sbagliata. Allora mi diranno che lasciare aperte tutte le possibilità significa non scegliere, e non scegliere significa non vivere. E io risponderò che vivere è scegliere solo quando scegli di non morire, e cioè vivere è scegliere solo quando scegli di vivere.
A quel punto si guarderanno negli occhi e il più giovane di loro mi parlerà della reversibilità. “Se sbagli, puoi sempre tornare indietro” dirà, e io sarò troppo stanco per dirgli che è più complicato di così. Che ogni scelta porta una cascata di altre scelte e poche di queste sono reversibili davvero. Che puoi desiderare la reversibilità di una gravidanza, ma non quella di un figlio. Che innamorarsi è parzialmente reversibile, ma non puoi decidere quando lo sarà. Che ci sarebbero meno tagli di capelli se i capelli non potessero ricrescere e che persino indossare un vestito è reversibile, ma l’aver sentito troppo freddo non lo sarà mai.
Poi intorno ai trentacinque anni avrò un sacco di extrasistoli, battiti cardiaci forti e prematuri seguiti da una piccola pausa. Il mio cuore farà pum, pum, pum, PUUUM (pausa), pum, pum… e in quella pausa la visualizzerò mentre fa lo shampoo alla sua bambola. Magari in quel momento starò compilando un bollettino all’ufficio postale e l’impiegato dirà “manca l’indirizzo del mittente” e non saprà che io non posso muovermi né parlare. Il battito è vita, penserò, e nei momenti in cui ne perdo qualcuno sono davvero con lei. In certi giorni mi succederà una volta sola, in altri venti volte in un solo minuto e sarà come se qualcuno spegnesse e accendesse la luce a intervalli e la parte buia sarà quella della realtà. Seguirò ogni fotogramma dell’azione nel tentativo di capire cosa sta facendo Mimì tra un’extrasistole e l’altra. Allora mi verrà un po’ di rabbia e penserò che sarebbe meglio fare qualcosa per vederla sempre, o non vederla più. Ma togliersi la vita sarà soltanto una possibilità, e io non sarò ancora in grado di scegliere.
È per questo che diventerò vecchio. Comprerò una sedia a dondolo e guarderò indietro al mio passato, ai miei insetti congelati, a tutte le scelte che si sono compiute da sole, come seguendo un rivolo di inchiostro che trova la sua strada mentre scivola su una pagina che non so leggere. Resterò seduto lì, ad aspettare il tramonto di ogni possibilità, e quando sar…
“Ciao, mi chiamo Nanà. Ti spiace se mi siedo accanto a te fino all’arrivo del professore?”
“Come, scusa?”
“Sono Nanà. Posso sedermi qui con te o preferisci restare solo?”