A Mario ogni tanto vibravano le sopracciglia. Era sempre stato così, non ricordava un periodo della sua vita in cui non fosse accaduto. Ne parlò al suo medico una volta e lui gli disse che probabilmente si trattava solo di stress: ad alcuni tremava una palpebra, a lui si contraeva qualche piccolo muscolo sotto le sopracciglia. Mario non credeva di essere stressato, e soprattutto non pensava di esserlo stato a cinque anni, ma si accontentò della risposta perché tutto sommato era ragionevole.
Solo che… Un giorno iniziò a pensare che non fosse tutto così casuale. Aveva sempre la sensazione che le sue sopracciglia tentassero di dirgli qualcosa e ogni volta che accadeva si guardava intorno nel tentativo di capire. E all’improvviso, una mattina che correva nel parco, si fermò di colpo e forse capì. Le sopracciglia vibravano quando entrava in contatto con qualcuno che avrebbe potuto cambiare il corso della sua vita. Prese subito a parlare con sconosciuti in tram, a fermare stranieri per strada, a bussare alla prima porta che vedeva e sempre, sempre, sempre, continuando a parlare scopriva il motivo per cui aveva sentito quel pizzicorino due dita sopra gli occhi. La ragazza alla cassa del Burger King era un’appassionata di sassofono, proprio come lui, e cercava di mettere su una band jazz molto particolare; il nuovo postino aveva un figlio, e questo figlio aveva trovato delle vecchie figurine di calciatori in soffitta di cui si sarebbe sbarazzato volentieri il prima possibile. Tra quelle figurine c’era quella che completava la sua collezione, che da zero arrivava a valere migliaia di euro; la fruttivendola aveva una nipote chiusa sempre in casa a leggere che diceva di essere annoiata dal mondo. Mario chiese di poterla conoscere e finì per fidanzarsi con la ragazza più bella e interessante che avesse mai visto. Schiacciato in ascensore sorrise a un uomo molto grasso che aveva davanti, presero a parlare e due ore dopo aveva un lavoro da manager locale in una grande multinazionale.
Tutto sembrava facile e meraviglioso: il mondo si riorganizzava secondo le sue necessità, era come un puzzle complicatissimo in cui però i singoli pezzi si illuminano per indicarti la giusta posizione.
Fino a quando un giorno, apparentemente senza motivo, le sopracciglia di Mario smisero di vibrare.